INCISIONI
Nella innumerevole produzione di opere dell’artista trova ampio spazio la tecnica delle incisioni ad acquaforte sviluppata già dagli anni 68 al 75 in una cartella di Trenta incisioni dedicata ai luoghi di riferimento della città natale ed abbinata ad un omonimo volume sponsorizzato dall’allora Azienda Autonoma di soggiorno e Turismo di Manfredonia.
Un tale impegno per quantità e qualità di opere riporta alla memoria la dedica fatta alla sua città del grande incisore Piranesi, nel 1700. L’opera è presentata dalle critiche di Dino Villani, Mario Azzella e Betty Palanca. La produzione di incisioni continua negli anni a seguire, con la partecipazione a varie mostre ed eventi della Triennale di Milano nella sede della Permanente, con raccolte a tema libero e vario. |
Presentazione dell'Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo
Profondamente radicata nel cuore dei Manfredoniani è la storia e la vita della loro città, legata al nome e alle testimonianze del biondo Re svevo.
Il castello, le mura antiche, i torrioni, le chiese, i cortili , i palazzi , le case luminose di calce e di sole, il porto con le sue barche e il mare, i pescatori, i ragazzi che giocano nei vicoli e sotto gli archi, documentano l'amore e l ' operosità secolare che Manfredonia ha dedicato al suo incessante sviluppo.
Franco Troiano ha voluto far rivivere nelle sue incisioni momenti e aspetti di questo paesaggio vitale rinverdito dal fascino della tradizione e interpretato con consapevole partecipazione umana.
Avv. Antonio Fatone
Presidente dell'Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo
Profondamente radicata nel cuore dei Manfredoniani è la storia e la vita della loro città, legata al nome e alle testimonianze del biondo Re svevo.
Il castello, le mura antiche, i torrioni, le chiese, i cortili , i palazzi , le case luminose di calce e di sole, il porto con le sue barche e il mare, i pescatori, i ragazzi che giocano nei vicoli e sotto gli archi, documentano l'amore e l ' operosità secolare che Manfredonia ha dedicato al suo incessante sviluppo.
Franco Troiano ha voluto far rivivere nelle sue incisioni momenti e aspetti di questo paesaggio vitale rinverdito dal fascino della tradizione e interpretato con consapevole partecipazione umana.
Avv. Antonio Fatone
Presidente dell'Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo
Franco Troiano: presentato da Dino Villani e Mario Azzella.
Ci sono artisti che col disegno ed un gioco di chiaroscuro, riescono ad esprimere quel che vogliono: a rendere le suggestioni di un paesaggio e l'espressività di una figura, facendo sentire anche la scansione musicale dei piani; senza bisogno del colore.
É un po' quel che riesce a dare la fotografia in bianco e nero, in confronto con quella a colori perché l'apporto dell'operatore può essere in parte determinante e l'obiettivo, soltanto un mezzo meccanico più o meno perfetto ed obbediente per fissare quello che svanirebbe rapidamente. Ne consegue che anche nell'opera d'arte costituita soltanto da una interpretazione al tratto e chiaroscuro, agli effetti dei risultati, hanno una parte fondamentale le doti dell'artista, ma sbaglierebbe tuttavia chi ritenesse tutto dipendente soltanto da una preparazione tecnica, che pur ci dev'essere, poiché hanno un notevole peso tutti quegli altri fattori che contribuiscono a differenziare l'opera autentica, ricca di tutte le sue suggestioni, dalla riproduzione che tende ad imitare la realtà oggettiva. Franco Troiano, un artista pugliese che opera da tempo a Milano, dove ha dato e continua a dare prove sempre più importanti dell'arte sua di pittore ed illustratore, maturata con una severa preparazione al servizio di doti poco men che eccezionali, è la più evidente conferma di quanto abbiamo accennato e lo mostra anche, e specialmente, in queste trenta immagini che escono col titolo: " Notte di luna su Manfredonia ". Troiano è l'artista dai vasti impegni di illustratore che fa vedere la sicurezza e spesso, la potenza con cui risolve, sia le vaste composizioni di figure, sia, volti di personaggi pieni di carattere, affrontati in primo piano, ma per mostrare quello che gli ispira l'atmosfera di casa sua si è limitato a fissare i caratteri di modesti ed oscuri angoli che sarebbero sfuggiti alla considerazione di chiunque, se egli non avesse scoperto le sottili suggestioni che da essi emanano e non avesse avuto la grande dote di lumeggiarle e di metterle in risalto. E per accentuare , sottolineandolo, il carattere di queste scene sempre un po' intime di un agglomerato urbano tra i più modesti e comuni, ha pensato di ricorrere alle pennellate luminose dei raggi lunari, i quali , danno risalto a pochi elementi salienti, per lasciare in ombra o in penombra tutto il resto che, qualche volta, è quello che più conta. La tecnica dell'acquaforte con l'aggiunta dell'acquatinta, usata con sapienza e misura, gli consente di raggiungere effetti modulati: di porre in risalto certi caratteri costruttivi, di mostrarne altri in penombra e di far uscire a stento, quando il buio è più profondo, persone, cose e dettagli così che ci si arriva qualche volta adindividuarli con difficoltà, più che a vederli, come avviene infatti di notte, quando i llimpido chiaro di luna abbaglia i tratti esposti e rende, per contrasto, più fonda la tenebra. Ma non è unicamente mestiere sia pure raffinato , quello di Troiano; egli non gioca soltanto con una tecnica preziosa a mostrare ed a nascondere: c'è nel suo agire l'obbedienza ad un senso che tende a far emergere con trasporto, la poesia delle cose umili e più semplici. Vedasi, per esempio, la tavola " Cortile Troiano " nella quale egli ha ripreso la comune sagomatura liscia di una porta, con scarne decorazioni. Segni, tratti, ombre, sono graduati e dosati con un soffice gioco di passaggi, tutta atmosfera e colore, in modo che il tema così sceneggiato, si carica di mistero e fa pensare subito agli abitanti di quella casa, alla vita che essi conducono , ai sentimenti forse eccezionali che essi debbono nutrire per meritare di passare ogni giorno da quella soglia che ha avuto la fortuna di aver destato l'attenzione e divenir come glorificata dal tocco delicato ed amoroso di un artista tra i più sensibili. Troiano, ci ha fatto sentire che quello non e il comune portale di una delle tante, solite case degli uomini, ma l'ingresso di un tempio che deve essere culla di affetti. Troiano è un romantico sottile, è forse l'ultimo dei romantici. In questa serie di tavole, mostra realmente di essere stato preso da un trasporto amoroso per tutto quello che gli parla con voce sommessa, degli anni trascorsi da ragazzo in quelle viuzze anguste, tra quelle mura di pietra viva, arse di giorno da un sole ardente ed ancora tiepide, di notte, sotto la carezza della luce d 'argento della luna. Pietre logorate e sbrecciate dal tempo; lisciate dal passo e dal tocco dei padri e delle madri che sono nati, hanno sofferto, faticando a vivere e sono scomparsi, lasciando soltanto del loro passaggio, quelle lievi tracce che l'artista sembra sia andato a cercare nell'affettuoso ritorno a casa con l'arte sua e alle quali innalza con queste tavole incise col cuore, un monumento d'amore . Dino Villani Novembre 1975 |
Un odore di pesce fritto mi insegue mentre mi arrampico fino al quarto piano. Viene dalla trattoria che ha la cucina nel cortile.
Sembra incredibile ma qui, a pochi passi dall'Arco della Pace, da corso Sempione, quasi nel cuore della grande Milano, se ti affacci alla ringhiera e socchiudi gli occhi ti sembra di essere tornato a casa, fra i vicoli della marina, con questo puzzo di fritto che ti ricorda quelle ·bettole, quelle trattorie alla buona, dove il primo è inevitabilmente spaghetti con le cozze, il secondo calamaretti e triglie fritte. Se resti ad ascoltare senti il tom-tom del motore diesel del motopeschereccio che manovra per attraccare, mentre chi bighellona sulla banchina si dispone intorno al carretto sul quale, una sopra l'altra, saranno messe le cassette con il pescato. È stato un attimo, per riprendere fiato e salire le ultime rampe di scale. Intanto guardo giù, al primo piano. Attraverso i vetri vedo la figura lunga e senza forme della portinaia. - Chi cerca? - Franco Troiano - Quarto piano - Lo so grazie. Ancora dieci gradini e ci sono. Sul pianerottolo è buio. La luce filtra da sotto una porta. Sento piangere un bambino. Ecco, ci siamo. Sulla porta c'è un notes rudimentale con una biro attaccata con lo spago. Troiano lo lascia appeso per eventuali messaggi. Busso e non risponde nessuno. Allora scrivo: ho fatto cento scalini per niente; domani telefonami. Ciao, la firma. Ho conosciuto Troiano alla Permanente. Stampava le acqueforti agli artisti più noti di lui ma che di acquaforte, di tecnica cioè dell'incisione sapevano poco o niente. Pugliese come me e siamo diventati amici. Agli appuntamenti, per trovarci, per parlare d'arte, per stampare qualcosa con il mio torchio, arrivava di solito puntuale. Mi aspettava sotto casa, sul marciapiede, buio come le figurine che disegna lui nei vicoli enelle notti di luna. - Ma tu che cosa vuoi? - Cerco e voglio trovare qualcosa, un mezzo per esprimermi, per dire ... Non credo sia possibile dire tutto con la pittura. Per questo, Troiano mi ha detto molto di più senza parlare. Con la sua scelta, con la vita che fa, con la stanza nella quale dorme. Il letto, raramente rifatto, il resto di pasti frugalissimi su un tavolo; e nella stanza accanto, per terra, sulle sedie, alternati ai calzini stesi su uno spago, le tele, i bozzetti di plastilina, le spatole, le stecche, due melagrane rattrappite dalla vecchiaia, alcuni fiori secchi. Ma lui si trova benissimo, è casa sua. C'è un tanfo, come l'odore di mele delle valigie dei calabresi che tornano a lavorare in Germania. Mi ricorda il tanfo della valigia che ho avuto anch'io, quando trasportavo i taralli ed i fichi secchi con le mandorle, tornando da casa a Natale. Allora non è finita questa schiera di pazzi e di sognatori. Vengono dal sud con il petto gonfio di sogni; ma più che retorica, si portano dentro un'azione di rivalsa verso una terra dove i giovani spendono i giorni e le ambizioni nell 'unica piazza del paese, misurandola in lungo e in largo con inutili passeggiate, nel bizantismo di discorsi assurdi. Per avere un posto, un lavoro, si prostituiscono. Un posto? Un lurido compromesso, la consacrazione, l'ufficializzazione di una sconfitta, della rassegnazione. Di una resa senza condizioni ad una classe politica di incapaci e di sfruttatori, mafiosi per tradizione anche inconscia. Queste cose le ha scritte Salvemini meglio di me. Nulla è cambiato ugualmente. Un posto al municipio. Se faccio l'avvocato, il recupero crediti. E se non ho nemmeno quelli, mi metto in politica. Il furbo, il privilegiato, il figlio dell'agrario, fa il medico o il magistrato. E la storia si ripete, la terra si appiattisce in questo gioco inutile, nella maledizione. Povero, inerme, così come lo è un sognatore, Franco è venuto al nord. Per imparare. Ma che cosa? Lui che viene dalla terra della grande cultura, dei normanni, delle cattedrali. Mi ricordo della natività. Nella stanza dove Franco dorme fa un freddo bestia. In questa casa vecchia ognuno risolve il problema del riscaldamento autonomamente, come può. Così come i pugliesi , i calabresi, i lucani, i manovali che dormono nelle baracche accanto ai cantieri. E lui in questo freddo rinasce. Si schiude il bozzolo del ragazzo e viene fuori l'uomo, che resiste perché è ancestralmente vaccinato. l suoi, i vecchi, gli zii, il padre gli hanno affidato questa azione di rivalsa, questa ribellione e niente e nessuno può fermarlo. Contadino e marinaio, come sono contadini e marinai gli uomini piccoli e forti del Gargano, è il depositario inconscio delle storie che ora cerca di raccontare. " La sciabica ". Nel gesto antico di mille notti con la rete a strascico, sulle rive dell'Adriatico, di questo mare grande che ci lascia sopravvivere. La punta di acciaio ferma l'attesa secolare, i volti sulla lastra, quattro segni fra i granelli di bitume giudaico dell'acquatinta che si spande o ·rimarrà contenuta in tre pozzanghere di luna. Che cosa sei venuto a fare a Milano, Franco, a cercare fortuna? Tu sei già un ragazzo fortunato se hai il coraggio che hai; se hai la tua gente e la tua terra nel cuore. Mario Azzella |
... HA SAPUTO FARE DI OGNI CONTRASTO DI LUCE
UNA PICCOLA OPERA D'ARTE ...
UNA PICCOLA OPERA D'ARTE ...
Troiano uomo e artista di Betty Palanca
Conosco Troiano uomo e artista . Un'adolescenza difficile in un paese che palpita in ogni sorgere di sole in ogni flutto marino.
Vive nella fiabesca primordialità dei trulli tra visioni bianche e azzurre di una Puglia che diventa mistero là dove la luce di quelle case che il sole sembra aver fatto divenir di sale si proietta dentro gli abissi marini.
Una vita impegnata nello studio e nella ricerca artistica.
Giovanissimo si allontana da casa alla ricerca di quel " qualcosa" che la monotonia del suo paese, Manfredonia, non gli può dare.
La visione di quelle reti che si essicano al sole, di quei pescatori che nel volto sembrano portare i segni del loro mare, ecc. ecc. tutti questi aspetti e molti altri ancora, fanno emergere la grandiosa complessità dell'uomo e dell'artista.
Il dubbio lo pone davanti ad un certo tipo di crisi, quella che lo avverte che bisogna andare avanti, che bisogna scavare più in fondo, che quel frammento di esistenza che vuoi divenire rivelazione non lo può trovare nella vita della sua gente, ma solo nella sua arte. Non tradisce la sua terra allontanandosi alla ricerca dell'ideale, ma se ne parte col proposito di trovare prima il suo motivo di vita e poi di coinvolgere la sua terra buona e dura terra che gli uomini hanno calpestato e lavorato, in quel vortice di vita che egli, graficamente, vuoi tramutare in storia.
Ed ecco allora che fra lotte e travagli quel giovinetto diventa uomo e artista, diventa uomo che crede nell'uomo e sa che l'arte conta molto perché gli ricorda la sua vita, i suoi sentimenti, le sue passioni il suo destino. All'uomo si addiziona l'artista; all'arte la vita. L'artista risulta diminuito se si dimentica l'uomo e la sua evoluzione. Quando spinti dal bisogno di smitizzare e di spoetizzare, proprio nella nostra epoca vogliamo sopprimere il Troiano "tragico eroico" per sostituirgli un Troiano con i piedi saldamente piantati in terra dobbiamo pensare che in lui ci fosse un dramma interiore più elevato. Per capire meglio il valore dell' artista dobbiamo prendere in considerazione la vita di un essere eccezionalmente profondo e vigoroso, assetato di vera autenticità, la vita di un adolescente ribelle ma intelligente che cercava la libertà e Dio al di là delle norme, delle apparenze, delle convenzioni e della moda del tempo.
Il paesaggio pugliese, l'uomo, le sue cose, il suo ambiente, il paese ove aveva segnato la sua impronta ... questa era l'arte che traccia la sua ispirazione fondamentale della realtà più immediata e più prossima. Il mondo di Troiano diventa la realtà quotidiana, diventa luce in contrasto col buio come il buio di luce; l'una è funzione dell'altra. Ama l'astratto eppure non può esulare dai fiabeschi e quasi surreali interni di cortile, ama il vortice eppure non riesce a dimenticare la realtà dei suoi personaggi pugliesi, della sua gente. Parte dal reale per tuffarsi nell'astratto, dall'esercizio per far proprio la massima libertà di segno che sfocia poi nello sconfinamento.
Inizialmente la sua arte cercava di rendere i minimi dettagli e di curare l'espressione della materia. Poi per effetto della libertà acquisita col disegno dal vero, i segni diventano più liberi, il superfluo viene eliminato . Per mezzo della luce, tema costante in tutte le sue incisioni crea il suo particolare spazio, che non può essere definito geometricamente. Sembra quasi che i limiti terrestri si confondano con una sorta di infinito sacro in uno spazio luminoso nel quale è proprio la luce a conferire il mistero.
Un'interpretazione della luce e dell'ombra insomma, alla quale partecipa l’oscurità stessa. La bravura di Troiano non è solo nell'incisione, ma anche nella pittura e nella scultura. Nelle mani di Troiano, la materia di qualsiasi specie essa sia, vibra, interiorizza dinamismo, si atteggia alla vorticosa forma originale che partorisce un'immagine viva.
Dalla realtà dalle figure, dai volti che gli sono familiari distilla emozioni, le più umane, sensazioni che fa sue e che trasfonde con immensa sensibilità nel suo cammino di artista. I temi che egli sceglie sia per l'incisione, che per la pittura, che per la scultura, non possono essere se non quelli che la realtà di ogni giorno offre a chiunque non interpone fra sé e il mondo reale alcuno schermo intellettualistico o teorico; uno stile cioè risultante dall'osservazione di quella realtà, e di una aderenza sempre più stretta al vero. Si intende aderenza semplice, schietta e che comporta indipendenza e profondità. Ciò che è importante sottolineare in Troiano è che i suoi soggetti sono realistici, sì, ma di un realismo che non è imitazione materiale del soggetto, ma è un realismo vissuto, sofferto e ritrovato nell'osservanza scrupolosa e intima delle forme. Troiano è ricco di mezzi espressivi e bravura.
C'è finezza e varietà nel colore, sicurezza penetrante nel disegno, sapienza nel taglio e nella distribuzione delle masse sopra la superficie.
E poi in Troiano artista si trova anche una certa umiltà; la stessa che lo ha fatto riflettere di fronte a quelle numerose incisioni su Manfredonia che egli con tanta bravura e con tanto amore ha dedicato alla sua città natale. È l'umiltà di chi vibra di fronte ad una cosa da nulla e col pensiero, con l'arte, la tramuta, direi quasi che la ricostruisce dandole quella bellezza celata che solo chi è dotato di grande sensibilità riesce a scoprire nelle piccole cose. Qualche vecchio ronzino, due carri trasandati, un muro chiuso, quattro pescatori curvi sulle reti, un ciuffo d'erba, sono state le occasioni della fantasia di Troiano il quale ha veduto nelle sue macchie di acquatinta e nelle sue linee incisive i segni scompositrici di vita; sotto l'azione materna della notte di luna. Troiano ci cala in blocco nell'immagine. Ha un temperamento che è tutto colorato da un pregio che egli sa diffondere e trasfondere più generosamente, aderentemente ed umilmente di qualsiasi altro pittore, e con una rude sincera forza: l'amore. Infinito amore per le cose che sa trasferirsi totalmente in un cespuglio di fichi d'India contro il cielo o in una costruzione insignificante contro il mare. E amore per l'uomo, che è partecipazione, simpatia, compassione per quello che nell'uomo, sentito nella sua essenza più elementare, sfrondata da civili sovrastrutture, c'è di virile e di solidale di fronte ad un ineluttabile destino e ad una vita che si conquista aspramente, faticosamente.
Franco Troiano non partorisce a caso da uno spazio astratto, ma da una derivazione del mondo di Goya e di Rembrandt. Ed è appunto per questo motivo che ora parlerò di questi due grandi maestri ai quali l'artista si è spesso rivolto per rimirare le loro ineguagliabili opere .
Conosco Troiano uomo e artista . Un'adolescenza difficile in un paese che palpita in ogni sorgere di sole in ogni flutto marino.
Vive nella fiabesca primordialità dei trulli tra visioni bianche e azzurre di una Puglia che diventa mistero là dove la luce di quelle case che il sole sembra aver fatto divenir di sale si proietta dentro gli abissi marini.
Una vita impegnata nello studio e nella ricerca artistica.
Giovanissimo si allontana da casa alla ricerca di quel " qualcosa" che la monotonia del suo paese, Manfredonia, non gli può dare.
La visione di quelle reti che si essicano al sole, di quei pescatori che nel volto sembrano portare i segni del loro mare, ecc. ecc. tutti questi aspetti e molti altri ancora, fanno emergere la grandiosa complessità dell'uomo e dell'artista.
Il dubbio lo pone davanti ad un certo tipo di crisi, quella che lo avverte che bisogna andare avanti, che bisogna scavare più in fondo, che quel frammento di esistenza che vuoi divenire rivelazione non lo può trovare nella vita della sua gente, ma solo nella sua arte. Non tradisce la sua terra allontanandosi alla ricerca dell'ideale, ma se ne parte col proposito di trovare prima il suo motivo di vita e poi di coinvolgere la sua terra buona e dura terra che gli uomini hanno calpestato e lavorato, in quel vortice di vita che egli, graficamente, vuoi tramutare in storia.
Ed ecco allora che fra lotte e travagli quel giovinetto diventa uomo e artista, diventa uomo che crede nell'uomo e sa che l'arte conta molto perché gli ricorda la sua vita, i suoi sentimenti, le sue passioni il suo destino. All'uomo si addiziona l'artista; all'arte la vita. L'artista risulta diminuito se si dimentica l'uomo e la sua evoluzione. Quando spinti dal bisogno di smitizzare e di spoetizzare, proprio nella nostra epoca vogliamo sopprimere il Troiano "tragico eroico" per sostituirgli un Troiano con i piedi saldamente piantati in terra dobbiamo pensare che in lui ci fosse un dramma interiore più elevato. Per capire meglio il valore dell' artista dobbiamo prendere in considerazione la vita di un essere eccezionalmente profondo e vigoroso, assetato di vera autenticità, la vita di un adolescente ribelle ma intelligente che cercava la libertà e Dio al di là delle norme, delle apparenze, delle convenzioni e della moda del tempo.
Il paesaggio pugliese, l'uomo, le sue cose, il suo ambiente, il paese ove aveva segnato la sua impronta ... questa era l'arte che traccia la sua ispirazione fondamentale della realtà più immediata e più prossima. Il mondo di Troiano diventa la realtà quotidiana, diventa luce in contrasto col buio come il buio di luce; l'una è funzione dell'altra. Ama l'astratto eppure non può esulare dai fiabeschi e quasi surreali interni di cortile, ama il vortice eppure non riesce a dimenticare la realtà dei suoi personaggi pugliesi, della sua gente. Parte dal reale per tuffarsi nell'astratto, dall'esercizio per far proprio la massima libertà di segno che sfocia poi nello sconfinamento.
Inizialmente la sua arte cercava di rendere i minimi dettagli e di curare l'espressione della materia. Poi per effetto della libertà acquisita col disegno dal vero, i segni diventano più liberi, il superfluo viene eliminato . Per mezzo della luce, tema costante in tutte le sue incisioni crea il suo particolare spazio, che non può essere definito geometricamente. Sembra quasi che i limiti terrestri si confondano con una sorta di infinito sacro in uno spazio luminoso nel quale è proprio la luce a conferire il mistero.
Un'interpretazione della luce e dell'ombra insomma, alla quale partecipa l’oscurità stessa. La bravura di Troiano non è solo nell'incisione, ma anche nella pittura e nella scultura. Nelle mani di Troiano, la materia di qualsiasi specie essa sia, vibra, interiorizza dinamismo, si atteggia alla vorticosa forma originale che partorisce un'immagine viva.
Dalla realtà dalle figure, dai volti che gli sono familiari distilla emozioni, le più umane, sensazioni che fa sue e che trasfonde con immensa sensibilità nel suo cammino di artista. I temi che egli sceglie sia per l'incisione, che per la pittura, che per la scultura, non possono essere se non quelli che la realtà di ogni giorno offre a chiunque non interpone fra sé e il mondo reale alcuno schermo intellettualistico o teorico; uno stile cioè risultante dall'osservazione di quella realtà, e di una aderenza sempre più stretta al vero. Si intende aderenza semplice, schietta e che comporta indipendenza e profondità. Ciò che è importante sottolineare in Troiano è che i suoi soggetti sono realistici, sì, ma di un realismo che non è imitazione materiale del soggetto, ma è un realismo vissuto, sofferto e ritrovato nell'osservanza scrupolosa e intima delle forme. Troiano è ricco di mezzi espressivi e bravura.
C'è finezza e varietà nel colore, sicurezza penetrante nel disegno, sapienza nel taglio e nella distribuzione delle masse sopra la superficie.
E poi in Troiano artista si trova anche una certa umiltà; la stessa che lo ha fatto riflettere di fronte a quelle numerose incisioni su Manfredonia che egli con tanta bravura e con tanto amore ha dedicato alla sua città natale. È l'umiltà di chi vibra di fronte ad una cosa da nulla e col pensiero, con l'arte, la tramuta, direi quasi che la ricostruisce dandole quella bellezza celata che solo chi è dotato di grande sensibilità riesce a scoprire nelle piccole cose. Qualche vecchio ronzino, due carri trasandati, un muro chiuso, quattro pescatori curvi sulle reti, un ciuffo d'erba, sono state le occasioni della fantasia di Troiano il quale ha veduto nelle sue macchie di acquatinta e nelle sue linee incisive i segni scompositrici di vita; sotto l'azione materna della notte di luna. Troiano ci cala in blocco nell'immagine. Ha un temperamento che è tutto colorato da un pregio che egli sa diffondere e trasfondere più generosamente, aderentemente ed umilmente di qualsiasi altro pittore, e con una rude sincera forza: l'amore. Infinito amore per le cose che sa trasferirsi totalmente in un cespuglio di fichi d'India contro il cielo o in una costruzione insignificante contro il mare. E amore per l'uomo, che è partecipazione, simpatia, compassione per quello che nell'uomo, sentito nella sua essenza più elementare, sfrondata da civili sovrastrutture, c'è di virile e di solidale di fronte ad un ineluttabile destino e ad una vita che si conquista aspramente, faticosamente.
Franco Troiano non partorisce a caso da uno spazio astratto, ma da una derivazione del mondo di Goya e di Rembrandt. Ed è appunto per questo motivo che ora parlerò di questi due grandi maestri ai quali l'artista si è spesso rivolto per rimirare le loro ineguagliabili opere .
Confronto di similitudine fra Troiano e due maestri incisori del passato: Rembrant e Goya
Rembrandt Harmenszoom 'Van Rijn
(Leida, 1606 - Amsterdam, 1669) Nel XVI sec. l'acquaforte era ancora una tecnica appena nascente di moltiplicazione grafica, praticata dapprima dagli incisori tedeschi e poi perfezionata dal francese Callot. Dopo di lui Rembrandt ne esplorò per la prima volta le possibilità intrinseche. Nell'incisione Rembrandt aveva dovuto liberarsi di tutto quello che nell'esecuzione rammentava la tecnica più antica dell'incisione, per poter condurre l'acquaforte alle sue interne possibilità ; quelle di un linguaggio atto ad esprimere un valore immediato, rapido, di espressioni, l'annotazione libera di ciò che cade sotto i sensi e questo mediante tutte le sfumature del tratto e tutta la gamma delle tonalità che si possono ottenere con la morsura degli acidi. È nata così un'opera unica nel suo genere, già celebre mentre lui era vivo, nella quale ritroviamo tutte le caratteristiche dell'artista, resi questa volta con una tecnica che si presta altrettanto bene alla elementarità più lineare che ai neri più vellutati , al gioco raffinato delle rigature, come alle più sottili gradazioni del grigio, che consentono di suggerire le trasparenze della penombra e il chiarore del buio. Ricercatore instancabile Rembrandt riprenderà sempre la stessa matrice lavorandola ancora, cercando soluzioni nuove migliorandola modificandone l'interpretazione . L'incisione, l'inchiostratura, la stampa, il continuo eliminare e riprendere, hanno dato nella produzione di Rembrandt risultati affascinanti quasi magici. Nel corso del suo periodo più. barocco, Rembrandt andava alla ricerca di un vellutato pittorico, di una ricchezza fluida; più tardi farà ritorno al tratto, al grafico vero e proprio. Un esempio ineguagliato, è l'incisione " Le tre Croci"· In quest' immagine quasi immateriale piena di costernazione, di spavento e di dolore, l'episodio sacro è delineato in tratti di luce e di oscurità ed evoca insieme l'umana gracilità e la grazia divina. L'arte dell'acquaforte è qui diventata espressione visionaria. l soggetti delle sue incisioni sono, come per Troiano, le persone e le cose di ogni giorno, la realtà della sua vita interna e della strada. Le case, le maestose acque dell'Amstel e del porto tutto quello che poteva vedere fuori delle porte di città; in nudi resi con una certa sensualità e poi i temi dell'Antico e Nuovo Testamento. l suoi disegni sono una narrazione che si rinnova inesauribilmente insieme cronaca e diario intimo, confessione e presa di coscienza, osservazione e meditazione con pochi mezzi grafici ; coglie sul vivo tutto quello che il suo sguardo scopre e intravede di irreale sotto il simbolismo della Bibbia, il suo libro di meditazione. Rembrandt come Troiano fu un grande ricercatore dell'uomo e lo ha mostrato in tutta la sua umiltà la sua intimità, il suo calore, ·la sua dignità e la sua realtà esistenziale. Per Rembrandt l'essere umano non è un bell'oggetto; esso partecipa alla vita e regge il suo destino, reso dall'artista con tutti i mezzi a sua disposizione, fraternamente, con pietà, ed amore. |
Goya y Lucientes Francisco
(Fundetodos, Saragozza, 1746 - Bordeaux, 1828) Dopo Rembrandt, Goya è da considerarsi uno dei maggiori incisori che Troiano ha guardato con grande interesse. Goya fu un instancabile saggiatore dell'animo umano e fu anche il testimone e il giudice della sua epoca; Goya visse la sua epoca dibattendosi nelle contraddizioni, patendo nell'intimo le iniquità e tuttavia ogni contenuto riscatta a livello estetico, nella dignità dell'opera d'arte unica è irripetibile. Goya nonostante le ambizioni che gli procurarono i successi e i titoli onorifici rimase saldamente ancorato alle sue origini popolane; detestava lo sfarzo della corte, il donneare degli aristocratici, la corruzione e l'intrigo che s'insinuavano dovunque: lo commuoveva semmai la sofferenza della plebe e lo spettacolo di miseria che si offriva al suo sguardo. La malattia insorta intorno al 1792, che lo ridusse a completa sordità, favorì la stagione più prodigiosa della sua maturità. La sordità lo allontana dai suoi simili, lo obbliga a ripiegarsi su sé stesso ed a vivere delle sue facoltà di immaginazione e memoria. Tristezza e pessimismo sostituiscono poco per volta l'allegria, la forte gioia di vivere degli anni precedenti completamente solo, esprime ora nei suoi disegni e nelle sue tele i suoi più intimi pensieri sull'uomo. Da qui, le incisioni più belle che comprendono " Caprichos" ottanta tavole nella prima edizione. Con minuziosa cura ed ottima tecnica felice combinazione di acquatinta e di incisione ad acquaforte, e di puntasecca Goya crea una serie di incisioni che non hanno rivali in tutta la storia delle arti grafiche. In esse sono riprese scene di vita quotidiana, e una satira grafica della società di quel tempo; vi si trovano anche delle allusioni ad opere letterarie o teatrali ed un 'intera raccolta di tavole presenta streghe e gnomi ed illustra quel che accade quando il buon senso non è più cosi vigile. Con molte acqueforti tra cui " l sogni " e "l disastri della guerra " prospetta verità occulte ma non per questo non plausibili, agita gli spettri quasi per esorcizzare i mali che incombono su di lui e sulla collettività, la violenza del presente e l'incertezza del destino: gli spettri di Goya spesso sono l'altro volto delle verità universali, alla stregua che le parche e i lemuri rappresentavano il volto notturno della mitologia greca. Un'altra raccolta di incisioni molto importante è “La tauromachia”: illustra le feste dell ' arena e l'arte di toreare. Con estrema abilità Goya si serve della possibilità dell'acquatinta lasciando sulla tavola vasti spazi bianchi, per ottenere una luminosità migliore, oppure ricoprendo di un'ombra leggerissima quando vuole accentuare per conferire la massima impressione drammatica. Semplifica le scene facendovi apparire solo pochissimi personaggi, tutti disegnati con la precisione d'un esperto nell'arte della tauromachia. Disegnate con tratti arditi e vigorosi, campeggiano le figure dei toreri e la massa solida ma agile dei tori. L'impressione prevalente è quella del violento contrasto fra le luci abbaglianti e le ombre dense. In Goya, come in Rembrandt, come in Troiano, è vivo il grande ideale umanitario. Nei suoi ritratti, uomini e donne ci appaiono esattamente quali erano, percepiti dalla sua grande personalità umana. Per tradurre i suoi modelli non adopera quindi grandi maniere, ma pochi guazzi di luce vibrante, di >linee vigorose, di magica grafia che gli consentirono una volta giunto al vertice dell’arte, di tradurre l'animo umano in quel che esso ha di più profondo. |
Chiudo ora questa parentesi sul passato e su coloro che possono avere ispirato l'artista Troiano, per condurvi con lo sguardo alle incisioni "magnifiche" a mio avviso, che l'artista ha immortalato graficamente a ricordo della sua Manfredonia.
Com'è nata l'ispirazione per questo lavoro? Strano a dirsi, ma la serie " Notte di luna su Manfredonia" è nata praticamente dalla luce del giorno.
È nata un pomeriggio d'agosto, sulle pendici del Gargano, mentre io e l'artista legati da grande amicizia discutevamo sull'arte.
Mi ricordo che tra noi era sorta una discussione molto accesa, e tanta era la forza e l'ansia che animava il nostro discorso che non ci accorgemmo che il tramonto aveva ormai attutito con la sua ombra tutte le forme che ci circondavano. Subito ci apprestammo a scendere il monte e quando giungemmo in Manfredonia era già notte, una di quelle indimenticabili notti, in cui la luna accarezza con la sua bianca luce ogni cosa svelandone i profili più caratteristici. E fu così che ci trovammo di fronte ad uno spettacolo tanto artistico che la sensibilità di Troiano non poté rimanere indifferente a tanta bellezza naturale.
Ed è per lo stesso motivo che soltanto una è l'incisione a colori di tutta la serie, come a voler significare l'ispirazione luminosa in mezzo a tanto buio.
Betty Palanca
Com'è nata l'ispirazione per questo lavoro? Strano a dirsi, ma la serie " Notte di luna su Manfredonia" è nata praticamente dalla luce del giorno.
È nata un pomeriggio d'agosto, sulle pendici del Gargano, mentre io e l'artista legati da grande amicizia discutevamo sull'arte.
Mi ricordo che tra noi era sorta una discussione molto accesa, e tanta era la forza e l'ansia che animava il nostro discorso che non ci accorgemmo che il tramonto aveva ormai attutito con la sua ombra tutte le forme che ci circondavano. Subito ci apprestammo a scendere il monte e quando giungemmo in Manfredonia era già notte, una di quelle indimenticabili notti, in cui la luna accarezza con la sua bianca luce ogni cosa svelandone i profili più caratteristici. E fu così che ci trovammo di fronte ad uno spettacolo tanto artistico che la sensibilità di Troiano non poté rimanere indifferente a tanta bellezza naturale.
Ed è per lo stesso motivo che soltanto una è l'incisione a colori di tutta la serie, come a voler significare l'ispirazione luminosa in mezzo a tanto buio.
Betty Palanca

ANALISI CRITICA DELLE INCISIONI
"Notte di luna su Manfredonia" è il titolo con cui Troiano ha battezzato la serie di n. 30 incisioni, dedicandole al suo paese natale e con il quale egli intende esprimere nel migliore dei modi, graficamente, l'attimo in cui i raggi di quella splendente luna bianca che cala ogni notte su Manfredonia, avvolgendola di un'atmosfera irreale, giocano sulle case, sui vicoli, sulle chiese, ecc., creando dei fantastici e meravigliosi ricami chiaroscurali.
É stupendo percorrere di notte, nel silenzio totale, quelle vie che di giorno pullulavano di bambini e scoprire nella solitudine totale della città addormentata, le bellezze che vengono arricchite dal colore spettrale della luna garganica.
Troiano ha veramente vissuto prima dentro di sé e poi graficamente questi attimi e in ogni suo lavoro, si può scorgere un 'emozione sempre nuova.
É stupendo percorrere di notte, nel silenzio totale, quelle vie che di giorno pullulavano di bambini e scoprire nella solitudine totale della città addormentata, le bellezze che vengono arricchite dal colore spettrale della luna garganica.
Troiano ha veramente vissuto prima dentro di sé e poi graficamente questi attimi e in ogni suo lavoro, si può scorgere un 'emozione sempre nuova.
Veduta a colori di Manfredonia dal Gargano
É l'unica incisione a colori fra tutte quelle della serie e, a mio avviso, la più bella, la più calda. In quest'opera così difficile da realizzarsi perché alla linea dell'incisione si è aggiunto il colore, Troiano ha espresso il massimo di sé stesso donando a Manfredonia e ai manfredoniani la parte migliore della sua opera grafica. Nell 'incisione è riprodotta una veduta della cittadina che apre le sue braccia al mare, vista dai monti del Gargano. La litoranea garganica si snoda in una serie di curve, ognuna delle quali regala la sorpresa di uno scenario sempre diverso e sempre incantevole; ora la visione di pini contorti, abbarbicati alla roccia cruda; ora il luccichio lontano del mare profondo sotto uno strapiombo lucido di aghi di pino; ora, improvvisa, la morbidezza di una spiaggia dorata. Ad una ennesima curva, la strada insospettatamente si allarga e diventa una terrazza protesa sull'infinito. Bella di giorno, ma più bella ancora di notte, Manfredonia, sotto i raggi della luna. Di giorno le sue case bianche hanno la luminosità rosata delle perle sullo sfondo del cielo ; di notte è fulgida di luci che, da lontano, hanno lo splendore azzurrino e misterioso delle stelle. Stupendi questi immensi cieli di Puglia, e sul Tavoliere sembrano precipitarti addosso; grigi d'inverno, leggeri e azzurri nella bella stagione. E d'estate poi diventano dorati come di fuoco illuminando roccia e mare. Nell 'incisione sono stupendi i contrasti luminosi realizzati con tratti incisivi molto liberi e con il colore. Colore che là dove vi è l'ombra si addensa in vaste zone incuneandosi nelle rocce e nelle pieghe profonde del terreno. Il timbro cromatico fatto dagli azzurri stemperati, verdi marci, blu cobalto, ocra e giallo di cadmio mischiandosi crea variazioni di toni caldi inconfondibili per gli effetti di luce al bordi dei volumi e dei piani. L'originalità dell'artista oltre che nella tecnica si può notare anche nella composizione ardita a diagonale prospettica che si armonizza con il forte gioco dei lumi su una unità compatta. È l'armonia di chi inebriato dall'accecante luce di questi luoghi si incammina sulle alture del Gargano e viene coinvolto spiritualmente diventando un tutt 'uno con l'infinito. Portale della Chiesa di S. Domenico
Da Corso Manfredi si sbocca in piazza del Popolo: di fronte ecco la chiesa di S. Domenico. Nell'antica facciata tra contrasti di pietra bianca emerge il vecchio portale in legno a cassettoni intagliati incorniciato dalla nicchia ogivale sorretta da due leoni austeri. La chiesa all'interno conserva i resti dell'antica cappella della Maddalena eretta da Carlo Il d'Angiò. Di notevole importanza è una Madonna con Bambino in marmo degli inizi del cinquecento. L'incisione che Troiano ci presenta è solcata da forti tratti che evidenziano maggiormente la bellezza del portale esterno. All'istante tutto ci pare buio; poco alla volta, i raggi di luna che l'artista ha proiettato sulle colonne, sui leoni, sulla soglia della chiesa, sul manto della donna che si accinge ad entrare in chiesa, ci illuminano tutta l'opera aiutandoci a scoprire la perfezione della tecnica. Non solo elementi architettonici, ma anche la presenza di una figura, una donna che simbolicamente l'uomo bisognoso di un essere soprannaturale. L'incisione è risolta con forti gradazioni di colore con punteggiature, con incisività di segni che rinvigoriscono la potenza rappresenta espressiva della facciata di S. Domenico. Largo Boccolicchio
È situato tra via Maddalena e largo Boccolicchio. È uno dei cortili più caratteristici di Manfredonia e più pittoreschi. È uno di quegli ambienti che più rispecchia il mondo ancora genuino della gente della Puglia. Tutto ciò che compone questa incisione di Troiano fa parte della vita di tutti i giorni: i panni stesi appesi ad un filo di corda attaccato ai due lembi del muro; il carretto usato forse per tutto il giorno per vendere i pesci; i cesti posati nella penombra e poi ancora quella porta di legno antico, quella ringhiera... |
La Sciabica nel porto
Manfredonia pulsa nella vitalità del porto. Il porto è protetto da due moli a gomito: il Molo di Ponente, tutto banchinato, che è riservato ai traffici commerciali e il Molo di Levante, riservato ai motopescherecci. Nella zona sottostante vi è la spiaggia sulla quale i pescatori, curvi sotto l'ultima «sciabica», tirano sulla riva le reti tra i rigurgiti marini. L'attimo della «sciabica», è stato fermato sulla carta da Troiano; tre figure piegate verso il mare trascinano lentamente le reti verso la riva. Sullo sfondo ecco i motopescherecci e più lontano ancora l'ala del porto che richiude maternamente mare e uomini. Ed ecco la luce della luna che accarezza con guazzi di intensità luminosa ora il profilo del faro , ora le onde increspate del mare, ora gli abiti dei pescatori. La luce chiara che viene dall'alto e lentamente si posa sui corpi e sulle cose li stacca dall'oscurità notturna facendoli vibrare. L'incisione è risolta con tratti ora sottili ed ora più larghi, con tonalità che vanno in gradazione dal bianco al grigio al nero risolti con la tecnica dell'acquatinta. Il castello ingresso dal mare
Il castello di Manfredonia è una costruzione che risale al 1200 per opera di Manfredi e portato poi a termine da Carlo l D'Angiò. La costruzione è di tipo militare; è formata da 4 torri angolari di cui 3 cilindriche e una quadrilatera. La cinta esterna quadrilatera fu aggiunta intorno al 1400 composta da 3 torri cilindriche e la quarta fu sostituita verso il 1500 con un baluardo pentagonale. Il castello è circondato da un fossato che è ora adibito a orto e dalla Villa Comunale. Ai piedi del Castello il molo di Levante si dirama verso il mare e qui vengono attaccate le barche da pesca. Ed è proprio da questo punto che Troiano ha fatto la sua incisione. Di fronte il portone d'ingresso del castello, inserito in un arco che si staglia scuro contro la pietra antica di quelle mura che sono a testimonianza di un passato di lotte e di sangue per la conquista del potere. Più avanti due pini secolari, che fanno da cornice all'incisione e in primo piano un carretto con appesa una rete da pesca, che sta per essere riparata. Le chiome dei pini che scalano il cielo diventano templi di luce che rischiarano tutta l'opera plasmando di un 'atmosfera soffusa tutti i contorni nascosti. Tutto è particolareggiato e nello stesso istante tutto è generico. Tratti orizzontali e verticali incrociandosi formano l'intreccio degli aghi dei pini; linee orizzontali lunghe si intrecciano con linee verticali corte ed ecco la sovrapposizione delle pietre che tappezzano le pareti nude del castello; forti segni incisivi ci danno l'impressione di poter toccare le reti e via via tutto è risolto in questo magistrale modo. La bravura di Troiano sta proprio nel fatto che un suo minuscolo particolare è risolto così bene che diventa un elemento universale che rinforza tutta l'opera. |
RASSEGNA DELLE PRINCIPALI TECNICHE DELL'INCISIONE
INCISIONE IN LEGNO O SILOGRAFIA
MATERIALI: Pezzi di legno (di solito pero o ontano) e inchiostro.
STRUMENTI : Punteruoli e ceselli di varia grandezza e asciugatori per stampa a mano .
INCISIONE A TRATTO
MATERIALI : Inchiostro per stampa, lastre di rame lucido.
STRUMENTI : Bulino, raschietto, pulitore, ruote per punteggiare .
INCISIONE AD ACQUAFORTE
MATERIALI: Lastre di rame o di zinco, acido nitrico diluito (mordente).
STRUMENTI: Aghi per l'incisione all'acquaforte (punte d'acciaio di varie misure).
INCISIONE A PUNTASECCA
MATERIALI : Lastra di rame o zinco .
STRUMENTI : Punta di acciaio o di diamante
INCISIONE A MEZZATINTA
MATERIALI : Lastra di rame, inchiostro da incisione .
STRUMENTI : Cesello, raschietto, pulitore, ruota per punteggiare.
INCISIONE AD ACQUATINTA
MATERIALI : Lastre di rame lucide o di zinco. Bitume in polvere o resina; vernice di bitume.
STRUMENTI : Ago, pennello per l'applicazione della vernice coprente.
MATERIALI: Pezzi di legno (di solito pero o ontano) e inchiostro.
STRUMENTI : Punteruoli e ceselli di varia grandezza e asciugatori per stampa a mano .
INCISIONE A TRATTO
MATERIALI : Inchiostro per stampa, lastre di rame lucido.
STRUMENTI : Bulino, raschietto, pulitore, ruote per punteggiare .
INCISIONE AD ACQUAFORTE
MATERIALI: Lastre di rame o di zinco, acido nitrico diluito (mordente).
STRUMENTI: Aghi per l'incisione all'acquaforte (punte d'acciaio di varie misure).
INCISIONE A PUNTASECCA
MATERIALI : Lastra di rame o zinco .
STRUMENTI : Punta di acciaio o di diamante
INCISIONE A MEZZATINTA
MATERIALI : Lastra di rame, inchiostro da incisione .
STRUMENTI : Cesello, raschietto, pulitore, ruota per punteggiare.
INCISIONE AD ACQUATINTA
MATERIALI : Lastre di rame lucide o di zinco. Bitume in polvere o resina; vernice di bitume.
STRUMENTI : Ago, pennello per l'applicazione della vernice coprente.
Incisione in legno o silografia
Materiali: Pezzi di legno (di solito pero o ontano), inchiostro,
Strumenti: Punteruoli e ceselli di varia grandezza e asciugatori per stampa a mano.
Incisione in rilievo, praticata, cioè, lasciando in rilievo i tratti del disegno destinati a ricevere l'inchiostro e asportando dalla matrice, mediante strumenti affilati (coltellini e sgorbie) le parti destinate a rimanere bianche nella stampa. La matrice è costituita da una tavoletta di legno di alberi fruttiferi o anche di particolare durezza, come il bosso, il comiolo, il sicomoro .
Il tronco tagliato in origine lungo la fibra venne in seguito (particolarmente in Inghilterra, dal secolo XIX) tagliato anche di testa, perpendicolarmente alla fibra. Per il legno tagliato di testa, che permette più forti tirature, viene usato il bulino, come per il metallo.
L'incisione su legno è il mezzo grafico riproducibile più antico. É una tecnica di stampa a rilievo in cui i tratti, che sulla carta restano impressi, qui si lasciano sul blocco di legno e il resto invece viene asportato con ceselli. L'origine di questa stampa a rilievo si deve ricercare negli stampi di legno, metallo o pietra usati nell’antichità.
l tessuti stampati si facevano in oriente fin dal primo Medio Evo, ma la data delle più antiche incisioni pittoriche su legno risale alla fine del XIV secolo e probabilmente esse vengono dalla Germania e anche in Francia e in Olanda, datano di epoca remota.
Due fattori favorirono lo sviluppo dell'intaglio su legno: uno fu l'introduzione della carta in Europa nella seconda metà del XIV secolo; l'altra, ragione essenziale del suo sviluppo, fu l'abitudine crescente di avere cappelle private che facevano sorgere la necessità di sostituire i costosi dipinti delle Chiese con altri di prezzo inferiore.
Questo è il motivo per cui le primitive incisioni su legno erano grandi quanto un foglio ed erano sempre a soggetto religioso.
All'inizio erano dei semplici disegni colorati a mano senza alcun modello, ma più tardi furono sostituiti con un tratteggiamento dell'intaglio stesso. Esso non divenne un mezzo artistico di grande portata fino al 1460 con l'opera di Michael Wohlgemut; poi, soprattutto in Germania, si sviluppò enormemente raggiungendo il suo apogeo con Dürer.
Con l'importanza dell’elemento decorativo nell'arte rinascimentale, l'intaglio sul legno venne rimpiazzato dall'incisione a tratto, che aveva possibilità d'altro genere; poi , non più usata per opere d'arte indipendenti, divenne quasi esclusivamente un mezzo di illustrazione finché fu portata in auge da Menzel, Rethel, Doré nel XIX secolo.
Dalla fine del secolo l'invenzione della fotografia ha portato la rappresentazione oggettiva ad una perfezione tale che l'artista reagì e cercò uno sfogo in una forma d'espressione soggettiva; l'intaglio su legno era un mezzo adatto soprattutto per il linguaggio «espressionista» e perciò si usò ancora largamente.
Per intagliare normalmente si usano pezzi di legno, di pero e di ontano, che viene tagliato lungo la sua vena. Il legno, di pero e di ontano, ha il vantaggio di avere una densità uniforme e solidità ed inoltre la giusta resistenza alle variazioni termiche e di umidità. Il pezzo di legno deve essere completamente asciutto e la superficie liscia e priva di nodi. Su di essa si stende un fondo sottile di gesso; poi si traccia il disegno e si intaglia con punteruoli e scalpelli.
Il tagliatore del pezzo deve assecondare le condizioni del suo mezzo e non del disegno, che deve uscire dal legno, emergere, come egli lo taglia. Nessun'altra tecnica domina cosi il suo materiale; la struttura, la resistenza e la solidità del legno devono essere notevoli. Il genere della tecnica rinforza il trattamento semplice, ma questa semplificazione può essere un fattore rilevante come sostiene Braque: «Le limitazioni imposte dall'artista dal mezzo, danno origine ad una forma, lo incitano a nuove creazioni e plasmano il suo stile. Il progresso nell'arte non consiste nell'estendere i suoi limiti ma nel conoscerli meglio».
L'intaglio non è un buon mezzo per uno stile dettagliato e narrativo, questo è proprio delle tecniche pittoriche. Il suo stile caratteristico è la sua qualità nascosta e suggestiva, l'enfasi di forma fondamentali che si possono ottenere con una tecnica di linea o di tonalità.
Stampa Silografica
Si stempera dell'inchiostro su una pietra levigata, quindi si passa un rullo inchiostrato sulla matrice incisa; si appoggia la matrice sopra il piano del torchio e gli si pone sopra un foglio umido. Quindi si copre con un panno di feltro e si passa sotto al rullo che la comprime, ottenendo cosi la stampa silografica.
l maestri primitivi lavoravano molto in questo stile lineare, mentre gli artisti moderni preferiscono esprimere i contrasti delle superfici bianche o nere e colorate. Intagli e chiaroscuro li ridurrebbero all'essenziale. Nel XVI e XVII secolo le proprietà caratteristiche del legno erano ignorate a scapito della tecnica e l'intaglio era usato per imitare l'incisione a tratto, per ottenere cioè effetti pittorici naturalistici. Ciò si faceva in parte usando la tecnica dell'intaglio, in parte con l 'uso di più blocchi per la stessa stampa, ognuno rappresentante una tonalità diversa dello stesso colore fondamentale.
Come risultato, il livello artistico dell'intaglio in legno alla fine era peggiore; la sua stessa espressività era ostacolata, ma essa non avrebbe potuto competere con quella dell'incisione a tratto.
Materiali: Pezzi di legno (di solito pero o ontano), inchiostro,
Strumenti: Punteruoli e ceselli di varia grandezza e asciugatori per stampa a mano.
Incisione in rilievo, praticata, cioè, lasciando in rilievo i tratti del disegno destinati a ricevere l'inchiostro e asportando dalla matrice, mediante strumenti affilati (coltellini e sgorbie) le parti destinate a rimanere bianche nella stampa. La matrice è costituita da una tavoletta di legno di alberi fruttiferi o anche di particolare durezza, come il bosso, il comiolo, il sicomoro .
Il tronco tagliato in origine lungo la fibra venne in seguito (particolarmente in Inghilterra, dal secolo XIX) tagliato anche di testa, perpendicolarmente alla fibra. Per il legno tagliato di testa, che permette più forti tirature, viene usato il bulino, come per il metallo.
L'incisione su legno è il mezzo grafico riproducibile più antico. É una tecnica di stampa a rilievo in cui i tratti, che sulla carta restano impressi, qui si lasciano sul blocco di legno e il resto invece viene asportato con ceselli. L'origine di questa stampa a rilievo si deve ricercare negli stampi di legno, metallo o pietra usati nell’antichità.
l tessuti stampati si facevano in oriente fin dal primo Medio Evo, ma la data delle più antiche incisioni pittoriche su legno risale alla fine del XIV secolo e probabilmente esse vengono dalla Germania e anche in Francia e in Olanda, datano di epoca remota.
Due fattori favorirono lo sviluppo dell'intaglio su legno: uno fu l'introduzione della carta in Europa nella seconda metà del XIV secolo; l'altra, ragione essenziale del suo sviluppo, fu l'abitudine crescente di avere cappelle private che facevano sorgere la necessità di sostituire i costosi dipinti delle Chiese con altri di prezzo inferiore.
Questo è il motivo per cui le primitive incisioni su legno erano grandi quanto un foglio ed erano sempre a soggetto religioso.
All'inizio erano dei semplici disegni colorati a mano senza alcun modello, ma più tardi furono sostituiti con un tratteggiamento dell'intaglio stesso. Esso non divenne un mezzo artistico di grande portata fino al 1460 con l'opera di Michael Wohlgemut; poi, soprattutto in Germania, si sviluppò enormemente raggiungendo il suo apogeo con Dürer.
Con l'importanza dell’elemento decorativo nell'arte rinascimentale, l'intaglio sul legno venne rimpiazzato dall'incisione a tratto, che aveva possibilità d'altro genere; poi , non più usata per opere d'arte indipendenti, divenne quasi esclusivamente un mezzo di illustrazione finché fu portata in auge da Menzel, Rethel, Doré nel XIX secolo.
Dalla fine del secolo l'invenzione della fotografia ha portato la rappresentazione oggettiva ad una perfezione tale che l'artista reagì e cercò uno sfogo in una forma d'espressione soggettiva; l'intaglio su legno era un mezzo adatto soprattutto per il linguaggio «espressionista» e perciò si usò ancora largamente.
Per intagliare normalmente si usano pezzi di legno, di pero e di ontano, che viene tagliato lungo la sua vena. Il legno, di pero e di ontano, ha il vantaggio di avere una densità uniforme e solidità ed inoltre la giusta resistenza alle variazioni termiche e di umidità. Il pezzo di legno deve essere completamente asciutto e la superficie liscia e priva di nodi. Su di essa si stende un fondo sottile di gesso; poi si traccia il disegno e si intaglia con punteruoli e scalpelli.
Il tagliatore del pezzo deve assecondare le condizioni del suo mezzo e non del disegno, che deve uscire dal legno, emergere, come egli lo taglia. Nessun'altra tecnica domina cosi il suo materiale; la struttura, la resistenza e la solidità del legno devono essere notevoli. Il genere della tecnica rinforza il trattamento semplice, ma questa semplificazione può essere un fattore rilevante come sostiene Braque: «Le limitazioni imposte dall'artista dal mezzo, danno origine ad una forma, lo incitano a nuove creazioni e plasmano il suo stile. Il progresso nell'arte non consiste nell'estendere i suoi limiti ma nel conoscerli meglio».
L'intaglio non è un buon mezzo per uno stile dettagliato e narrativo, questo è proprio delle tecniche pittoriche. Il suo stile caratteristico è la sua qualità nascosta e suggestiva, l'enfasi di forma fondamentali che si possono ottenere con una tecnica di linea o di tonalità.
Stampa Silografica
Si stempera dell'inchiostro su una pietra levigata, quindi si passa un rullo inchiostrato sulla matrice incisa; si appoggia la matrice sopra il piano del torchio e gli si pone sopra un foglio umido. Quindi si copre con un panno di feltro e si passa sotto al rullo che la comprime, ottenendo cosi la stampa silografica.
l maestri primitivi lavoravano molto in questo stile lineare, mentre gli artisti moderni preferiscono esprimere i contrasti delle superfici bianche o nere e colorate. Intagli e chiaroscuro li ridurrebbero all'essenziale. Nel XVI e XVII secolo le proprietà caratteristiche del legno erano ignorate a scapito della tecnica e l'intaglio era usato per imitare l'incisione a tratto, per ottenere cioè effetti pittorici naturalistici. Ciò si faceva in parte usando la tecnica dell'intaglio, in parte con l 'uso di più blocchi per la stessa stampa, ognuno rappresentante una tonalità diversa dello stesso colore fondamentale.
Come risultato, il livello artistico dell'intaglio in legno alla fine era peggiore; la sua stessa espressività era ostacolata, ma essa non avrebbe potuto competere con quella dell'incisione a tratto.
Incisione a tratto
Materiali: Inchiostro per stampa. Lastre di rame lucido.
Strumenti: Bulino, raschietto, pulitore, ruote per punteggiare.
Dopo l 'incisione su legno, l'incisione a tratto è il più vecchio processo grafico ; ma invece di impressione in rilievo su legno , l'incisione a tratto è un procedimento di intaglio, cioè il disegno viene inciso nel rame e poi ricoperto d'inchiostro in modo che, eseguita l'impressione, la linea incisa emetta inchiostro. La lastra di rame, o di zinco, dovrebbe essere di circa 2 millimetri di spessore e omogenea. La superficie è lucidata e spesso coperta con gesso e il disegno, o almeno i contorni, si tracciano sul fondo.
Le linee poi si incidono nel rame con un bulino, uno stiletto simile al cesello con la punta acuminata. Il bulino dev'essere premuto per vincere la resistenza del metallo in modo che la mano non si muova liberamente, come se maneggiasse una penna, in modo da ottenere un taglio vivo.
Il carattere della linea incisa dipende dalla resistenza del metallo, perché essa infatti forza le linee in una formazione più o meno parallela. Un'incisione di stile puro possiederà questo carattere lineare anche se per rendere delle tonalità graduate si usa un tratteggio parallelo o incrociato.
Sebbene l'intaglio su legno fosse anche una tecnica lineare, nel suo grado più semplice l'incisione a tratto è molto più fine e può essere usata per gradazioni molto più sottili, perché se soltanto una linea nell'intaglio su legno deve essere fatta tagliando due strati e lasciando fra di essi un rilievo, la linea incisa è un elemento pittorico in sè.
In Germania l'incisione sorse come dipendente dall'oreficeria; al Nord delle Alpi ciò sviluppò uno stile suo proprio ed una superiorità tecnica, che gli offrì un più vasto campo di sviluppo. Le linee divennero più vigorose, le modulazioni più ricche e fu possibile perciò ottenere più solidità e maggior profondità di tono. Le mete più alte raggiunte dall'arte dell'incisione sono le opere della scuola di Rubens che riprodussero e resero noti i quadri del grande artista fiammingo e di molti altri artisti della Corte di Luigi XIV. Per controllare il lavoro durante le diverse fasi delle esecuzioni, l'incisore ricorre frequentemente al torchio per stampare delle prove.
Stampa dell'incisione a tratto.
Si bagna il foglio su cui va stampata l'incisione e si stende su di un piano liscio. Nel frattempo si prenda la lastra e con un pezzetto di linoleum si stende su di essa l'inchiostro che non deve essere troppo abbondante. Poi si toglie delicatamente l'inchiostro che vi è in più con della tarlatana fino ad arrivare ad avere la lastra pulita per la stampa. Alla fine si passa un foglio di carta da giornale asciutta che servirà per togliere ogni imperfezione o sbavatura d'inchiostro. Quindi si puliscono i bordi della lastra e si prosegue alla stampa. La lastra si appoggia sul piano del torchio e sopra gli si mette il foglio preparato precedentemente. Poi si copre con un panno di feltro e si passa sotto il rullo che la comprime, e al termine si potrà finalmente vedere il risultato inciso con tanta fatica. L'ultima prova a incisione compiuta, priva però delle scritte (titolo, nome dell'autore, ecc.) è detta «prova d'autore» , ed ha particolare pregio.
Materiali: Inchiostro per stampa. Lastre di rame lucido.
Strumenti: Bulino, raschietto, pulitore, ruote per punteggiare.
Dopo l 'incisione su legno, l'incisione a tratto è il più vecchio processo grafico ; ma invece di impressione in rilievo su legno , l'incisione a tratto è un procedimento di intaglio, cioè il disegno viene inciso nel rame e poi ricoperto d'inchiostro in modo che, eseguita l'impressione, la linea incisa emetta inchiostro. La lastra di rame, o di zinco, dovrebbe essere di circa 2 millimetri di spessore e omogenea. La superficie è lucidata e spesso coperta con gesso e il disegno, o almeno i contorni, si tracciano sul fondo.
Le linee poi si incidono nel rame con un bulino, uno stiletto simile al cesello con la punta acuminata. Il bulino dev'essere premuto per vincere la resistenza del metallo in modo che la mano non si muova liberamente, come se maneggiasse una penna, in modo da ottenere un taglio vivo.
Il carattere della linea incisa dipende dalla resistenza del metallo, perché essa infatti forza le linee in una formazione più o meno parallela. Un'incisione di stile puro possiederà questo carattere lineare anche se per rendere delle tonalità graduate si usa un tratteggio parallelo o incrociato.
Sebbene l'intaglio su legno fosse anche una tecnica lineare, nel suo grado più semplice l'incisione a tratto è molto più fine e può essere usata per gradazioni molto più sottili, perché se soltanto una linea nell'intaglio su legno deve essere fatta tagliando due strati e lasciando fra di essi un rilievo, la linea incisa è un elemento pittorico in sè.
In Germania l'incisione sorse come dipendente dall'oreficeria; al Nord delle Alpi ciò sviluppò uno stile suo proprio ed una superiorità tecnica, che gli offrì un più vasto campo di sviluppo. Le linee divennero più vigorose, le modulazioni più ricche e fu possibile perciò ottenere più solidità e maggior profondità di tono. Le mete più alte raggiunte dall'arte dell'incisione sono le opere della scuola di Rubens che riprodussero e resero noti i quadri del grande artista fiammingo e di molti altri artisti della Corte di Luigi XIV. Per controllare il lavoro durante le diverse fasi delle esecuzioni, l'incisore ricorre frequentemente al torchio per stampare delle prove.
Stampa dell'incisione a tratto.
Si bagna il foglio su cui va stampata l'incisione e si stende su di un piano liscio. Nel frattempo si prenda la lastra e con un pezzetto di linoleum si stende su di essa l'inchiostro che non deve essere troppo abbondante. Poi si toglie delicatamente l'inchiostro che vi è in più con della tarlatana fino ad arrivare ad avere la lastra pulita per la stampa. Alla fine si passa un foglio di carta da giornale asciutta che servirà per togliere ogni imperfezione o sbavatura d'inchiostro. Quindi si puliscono i bordi della lastra e si prosegue alla stampa. La lastra si appoggia sul piano del torchio e sopra gli si mette il foglio preparato precedentemente. Poi si copre con un panno di feltro e si passa sotto il rullo che la comprime, e al termine si potrà finalmente vedere il risultato inciso con tanta fatica. L'ultima prova a incisione compiuta, priva però delle scritte (titolo, nome dell'autore, ecc.) è detta «prova d'autore» , ed ha particolare pregio.
Incisione ad acquaforte
Materiali: Lastre di rame o di zinco. Acido nitrico diluito (mordente).
Strumenti: Aghi per l'incisione all'acquaforte (punte d'acciaio di varie misure).
L'incisione ad acquaforte fu inventata all'inizio del XVI secolo. l materiali usati sono simili a quelli per l'incisione a tratto, ma la tecnica e le possibilità espressive sono diversissime. L'acquaforte è una tecnica di incisione ottenuta mediante l'azione di sostanze chimiche che intaccano il metallo.
Ceratura della lastra.
Si prende la lastra di rame o di zinco nuova e la si appoggia su di una piastra elettrica con termostato, riscaldandola. Quindi si passa sopra alla superficie della cera nera, stendendola con un apposito rullo. Poi si accende un fornello a petrolio e con una molla a due bracci si porta la lastra sopra il fuoco che, affumicandola lentamente, fisserà la cera.
Sulla matrice, ricoperta da una vernice di cera resistente agli acidi, l'incisore traccia con una punta il disegno, mettendo a nudo il metallo nelle parti destinate ad essere corrose ed a ricevere l’inchiostro. La matrice, protetta a rovescio da una vernice isolante, sempre cera, viene quindi sottoposta alla morsura: l'immersione in una soluzione di acido controllata dal tempo. l mordenti più in uso sono l'acido nitrico, o acquaforte, l'olandese (composto di
acido cloridrico, clorato di potassio e sale comune) e il percloruro di ferro.
La profondità del segno dipende dalla durata della morsura, che può essere effettuata con una sola immersione (morsura piana) o con immersioni ripetute (morsure per coperture); tutte regolate dal tempo; la prima di 15 minuti, le altre varianti a secondo del nero che si vuole. Il secondo procedimento permette di ottenere diverse gradazioni di scuro per i vari gruppi di segni.
Una variante di acquaforte in uso nella metà del settecento, ma oggi quasi abbandonata, è la vernice molle: una vernice pastosa e grassa ottenuta mescolando del sego alla normale vernice che ricopre il rame o lo zinco. Si sfrutta l'incisione con soggetto a rilievo, imprimendo sulla lastra con una certa pressione avendo già preparato la lastra con vernice molle. La matrice viene quindi sottoposta ad una leggera morsura. Risultato caratteristico di questa tecnica è un'incisione particolarmente morbida, simile a un disegno a matita.
Le possibilità di incidere non furono completamente sfruttate per lungo tempo. All’epoca di Dürer le lastre erano di ferro perché non si conoscevano acidi che mordessero il rame, tuttavia anche dopo la sostituzione del rame si usava ancora la tecnica lineare e ciò un centinaio d'anni prima che si inventasse il processo di riempimento.
Il primo che indagò sistematicamente tutte le possibilità di questa tecnica, fu Jacques Callot. Le acqueforti di Callot contengono centinaia di figure piccolissime rappresentate accuratamente in uno spazio e atmosfera e furono ammiratissime. Egli perfezionò il metodo della prospettiva aerea e dei cambiamenti spaziali che sarebbe stato impossibile ottenere con una tecnica puramente lineare.
Materiali: Lastre di rame o di zinco. Acido nitrico diluito (mordente).
Strumenti: Aghi per l'incisione all'acquaforte (punte d'acciaio di varie misure).
L'incisione ad acquaforte fu inventata all'inizio del XVI secolo. l materiali usati sono simili a quelli per l'incisione a tratto, ma la tecnica e le possibilità espressive sono diversissime. L'acquaforte è una tecnica di incisione ottenuta mediante l'azione di sostanze chimiche che intaccano il metallo.
Ceratura della lastra.
Si prende la lastra di rame o di zinco nuova e la si appoggia su di una piastra elettrica con termostato, riscaldandola. Quindi si passa sopra alla superficie della cera nera, stendendola con un apposito rullo. Poi si accende un fornello a petrolio e con una molla a due bracci si porta la lastra sopra il fuoco che, affumicandola lentamente, fisserà la cera.
Sulla matrice, ricoperta da una vernice di cera resistente agli acidi, l'incisore traccia con una punta il disegno, mettendo a nudo il metallo nelle parti destinate ad essere corrose ed a ricevere l’inchiostro. La matrice, protetta a rovescio da una vernice isolante, sempre cera, viene quindi sottoposta alla morsura: l'immersione in una soluzione di acido controllata dal tempo. l mordenti più in uso sono l'acido nitrico, o acquaforte, l'olandese (composto di
acido cloridrico, clorato di potassio e sale comune) e il percloruro di ferro.
La profondità del segno dipende dalla durata della morsura, che può essere effettuata con una sola immersione (morsura piana) o con immersioni ripetute (morsure per coperture); tutte regolate dal tempo; la prima di 15 minuti, le altre varianti a secondo del nero che si vuole. Il secondo procedimento permette di ottenere diverse gradazioni di scuro per i vari gruppi di segni.
Una variante di acquaforte in uso nella metà del settecento, ma oggi quasi abbandonata, è la vernice molle: una vernice pastosa e grassa ottenuta mescolando del sego alla normale vernice che ricopre il rame o lo zinco. Si sfrutta l'incisione con soggetto a rilievo, imprimendo sulla lastra con una certa pressione avendo già preparato la lastra con vernice molle. La matrice viene quindi sottoposta ad una leggera morsura. Risultato caratteristico di questa tecnica è un'incisione particolarmente morbida, simile a un disegno a matita.
Le possibilità di incidere non furono completamente sfruttate per lungo tempo. All’epoca di Dürer le lastre erano di ferro perché non si conoscevano acidi che mordessero il rame, tuttavia anche dopo la sostituzione del rame si usava ancora la tecnica lineare e ciò un centinaio d'anni prima che si inventasse il processo di riempimento.
Il primo che indagò sistematicamente tutte le possibilità di questa tecnica, fu Jacques Callot. Le acqueforti di Callot contengono centinaia di figure piccolissime rappresentate accuratamente in uno spazio e atmosfera e furono ammiratissime. Egli perfezionò il metodo della prospettiva aerea e dei cambiamenti spaziali che sarebbe stato impossibile ottenere con una tecnica puramente lineare.
Incisione a puntasecca
Materiali: Lastra di rame o zinco.
Strumenti: Punta di acciaio o di diamante.
Sulla lastra di rame il solco è tracciato leggermente con una sottile punta di acciaio o di diamante, senza asportare il metallo, come avviene nell'incisione a bulino, ma sollevandolo ai bordi in modo da formare ai lati del segno minuscoli filamenti, detti «barbe», che trattengono l'inchiesto, dando al segno particolari toni vellutati. A causa della loro estrema fragilità le barbe vengono rapidamente schiacciate e gli effetti scompaiono. La tiratura risulta pertanto estremamente limitata: dalle dieci alle venti stampe di eccellente qualità.
L'acquafortista più importante è indubbiamente Rembrandt; tecnicamente egli superò Callot perché fu il primo ad usare la cosiddetta puntasecca che trovò adattissima per il chiaroscuro.
Materiali: Lastra di rame o zinco.
Strumenti: Punta di acciaio o di diamante.
Sulla lastra di rame il solco è tracciato leggermente con una sottile punta di acciaio o di diamante, senza asportare il metallo, come avviene nell'incisione a bulino, ma sollevandolo ai bordi in modo da formare ai lati del segno minuscoli filamenti, detti «barbe», che trattengono l'inchiesto, dando al segno particolari toni vellutati. A causa della loro estrema fragilità le barbe vengono rapidamente schiacciate e gli effetti scompaiono. La tiratura risulta pertanto estremamente limitata: dalle dieci alle venti stampe di eccellente qualità.
L'acquafortista più importante è indubbiamente Rembrandt; tecnicamente egli superò Callot perché fu il primo ad usare la cosiddetta puntasecca che trovò adattissima per il chiaroscuro.
Incisione a mezzatinta
Materiali: Lastra di rame. Inchiostro da incisione.
Strumenti: Cesello, raschietto, pulitore, ruota per punteggiare.
Inventata da Ludwig von Siegen nel secolo XVII, la tecnica consiste nel graffiare la lastra di rame, nella fase preparatoria rendendone la superficie ruvida e granulosa, in modo da ottenere un'impressione completamente nera. Il disegno procede così dallo scuro verso il chiaro: i bianchi vengono ricavati raschiando o schiacciando la grana in punti determinati, mediante piccoli raschiatoi o brunitori.
La preparazione della lastra, ottenuta in un primo tempo con ogni sorta di strumenti (lime, punte, ecc.) venne in seguito perfezionata grazie ad una invenzione dell'olandese Blooteling (1672) : uno speciale pettine a denti di acciaio detto «rocker», che veniva passato regolarmente e ripetutamente sulla lastra dall'alto in basso, da destra a sinistra e lungo le diagonali.
La maniera nera, che ha tiratura molto limitata per la scarsa resistenza delle asperità del fondo, permette di ottenere sorprendenti effetti tonali e fu sovente abbinata ad altre tecniche; oggi è però quasi completamente abbandonata. In principio la mezzatinta si usava quasi esclusivamente per riprodurre dipinti ed ora è stata sostituita completamente dal moderno rotocalco a colori e dalla fotografia.
La ragione per cui essa non raggiunse mai la completezza di un'arte, dipende soltanto dal fatto che tentò di imitare la pittura ad olio tanto che essa possiede caratteristiche espressive sue proprie. Le migliori mezzetinte tuttavia possiedono una qualità pittorica insuperata in qualsiasi altro metodo di riproduzione in bianco e nero.
Le migliori riproduzioni a colori di quadri furono eseguite con l'aiuto della mezzatinta, in una tecnica chiamata stampa a colori. l primi tentativi per stampare più lastre colorate una dopo l'altra risalgono al 1600 circa ; ma stampe così perfette come il ritratto di Lady Manners eseguito da Charles Knight, furono realizzabili soltanto combinando la mezzatinta. Con i principi di molte stampe a colori, in molti casi erano addirittura otto lastre diversamente colorate.
Le migliori stampe a colori furono eseguite da artisti inglesi nel XVII secolo: esse ora sono costosissime ed inoltre molto ricercate.
Materiali: Lastra di rame. Inchiostro da incisione.
Strumenti: Cesello, raschietto, pulitore, ruota per punteggiare.
Inventata da Ludwig von Siegen nel secolo XVII, la tecnica consiste nel graffiare la lastra di rame, nella fase preparatoria rendendone la superficie ruvida e granulosa, in modo da ottenere un'impressione completamente nera. Il disegno procede così dallo scuro verso il chiaro: i bianchi vengono ricavati raschiando o schiacciando la grana in punti determinati, mediante piccoli raschiatoi o brunitori.
La preparazione della lastra, ottenuta in un primo tempo con ogni sorta di strumenti (lime, punte, ecc.) venne in seguito perfezionata grazie ad una invenzione dell'olandese Blooteling (1672) : uno speciale pettine a denti di acciaio detto «rocker», che veniva passato regolarmente e ripetutamente sulla lastra dall'alto in basso, da destra a sinistra e lungo le diagonali.
La maniera nera, che ha tiratura molto limitata per la scarsa resistenza delle asperità del fondo, permette di ottenere sorprendenti effetti tonali e fu sovente abbinata ad altre tecniche; oggi è però quasi completamente abbandonata. In principio la mezzatinta si usava quasi esclusivamente per riprodurre dipinti ed ora è stata sostituita completamente dal moderno rotocalco a colori e dalla fotografia.
La ragione per cui essa non raggiunse mai la completezza di un'arte, dipende soltanto dal fatto che tentò di imitare la pittura ad olio tanto che essa possiede caratteristiche espressive sue proprie. Le migliori mezzetinte tuttavia possiedono una qualità pittorica insuperata in qualsiasi altro metodo di riproduzione in bianco e nero.
Le migliori riproduzioni a colori di quadri furono eseguite con l'aiuto della mezzatinta, in una tecnica chiamata stampa a colori. l primi tentativi per stampare più lastre colorate una dopo l'altra risalgono al 1600 circa ; ma stampe così perfette come il ritratto di Lady Manners eseguito da Charles Knight, furono realizzabili soltanto combinando la mezzatinta. Con i principi di molte stampe a colori, in molti casi erano addirittura otto lastre diversamente colorate.
Le migliori stampe a colori furono eseguite da artisti inglesi nel XVII secolo: esse ora sono costosissime ed inoltre molto ricercate.
Incisione ad acquatinta
Materiali: Lastre di rame lucide o di zinco. Bitume in polvere o resina. Vernice di bitume.
Strumenti: Ago. Pennello per l'applicazione della vernice coprente.
L'acquatinta, come la mezzatinta, è una varietà dell'incisione a tratto per renderla adatta a stampare la zona di tinta.
La tecnica dell'acquatinta fu inventata nel XVIII secolo dall'artista francese Jean Baptiste Le Prince e si usa in questo modo. La lastra viene preparata in modo che la superficie di rame si presenti ricoperta di granellini di diverse materie (bitume, sale, zolfo in polvere, ecc.) che permettono all'acido di attaccarla solo nei minuscoli interstizi. Così si procede fino a raggiungere i massimi scuri. Una variante consiste nell'applicare direttamente il mordente sul rame nudo, limitandone l'azione con vernici resistenti.
L'acquatinta particolarmente adatta anche alla stampa colorata, permette di raggiungere una gamma straordinaria di valori tonali e delicati effetti luminosi ma, imponendo la rinuncia ad un impianto lineare, viene sovente abbinata ad altre tecniche.
Goya fu un maestro dell'incisione ad acquatinta ed usò difficilmente più di due o tre tonalità. Nei famosi «Capricci» di Goya si notano le differenze tra la mezzatinta e l'acquatinta; nelle une le tinte sono nettamente distaccate le une dalle altre, nelle altre vi sono gradazioni delicate che assomigliano moltissimo ai quadri più pittorici.
Nell'ultimo periodo l'acquatinta è stata adottata soprattutto dagli artisti della scuola francese: Picasso , Mirò e Rouault usarono infatti una tecnica chiamata acquatinta allo zucchero nella quale il disegno, invece di essere inciso sul metallo è applicato a un piano chiaro con un guazzo scuro sciolto in acqua zuccherata. Il piano completo viene coperto con uno strato, immerso in acqua e strofinato con una tela morbida per togliere dal fondo le parti disegnate o dipinte. Il procedimento seguito ora è quello dell'acquatinta normale, cioè del piano cosparso di bitume o polvere di resina, inciso e coperto.
Materiali: Lastre di rame lucide o di zinco. Bitume in polvere o resina. Vernice di bitume.
Strumenti: Ago. Pennello per l'applicazione della vernice coprente.
L'acquatinta, come la mezzatinta, è una varietà dell'incisione a tratto per renderla adatta a stampare la zona di tinta.
La tecnica dell'acquatinta fu inventata nel XVIII secolo dall'artista francese Jean Baptiste Le Prince e si usa in questo modo. La lastra viene preparata in modo che la superficie di rame si presenti ricoperta di granellini di diverse materie (bitume, sale, zolfo in polvere, ecc.) che permettono all'acido di attaccarla solo nei minuscoli interstizi. Così si procede fino a raggiungere i massimi scuri. Una variante consiste nell'applicare direttamente il mordente sul rame nudo, limitandone l'azione con vernici resistenti.
L'acquatinta particolarmente adatta anche alla stampa colorata, permette di raggiungere una gamma straordinaria di valori tonali e delicati effetti luminosi ma, imponendo la rinuncia ad un impianto lineare, viene sovente abbinata ad altre tecniche.
Goya fu un maestro dell'incisione ad acquatinta ed usò difficilmente più di due o tre tonalità. Nei famosi «Capricci» di Goya si notano le differenze tra la mezzatinta e l'acquatinta; nelle une le tinte sono nettamente distaccate le une dalle altre, nelle altre vi sono gradazioni delicate che assomigliano moltissimo ai quadri più pittorici.
Nell'ultimo periodo l'acquatinta è stata adottata soprattutto dagli artisti della scuola francese: Picasso , Mirò e Rouault usarono infatti una tecnica chiamata acquatinta allo zucchero nella quale il disegno, invece di essere inciso sul metallo è applicato a un piano chiaro con un guazzo scuro sciolto in acqua zuccherata. Il piano completo viene coperto con uno strato, immerso in acqua e strofinato con una tela morbida per togliere dal fondo le parti disegnate o dipinte. Il procedimento seguito ora è quello dell'acquatinta normale, cioè del piano cosparso di bitume o polvere di resina, inciso e coperto.
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